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IL FORNO DI PIANETTO

IL FORNO DI PIANETTO

IL FORNO DA PANE DEL PIANETTO

Il forno del Pianetto sorge all’interno della frazione, proprio nel cuore del borgo vecchio ed è una costruzione indipendente dalle altre, libera su tutti i lati, completamente in pietra, con il tetto in lose. Nella parte posteriore la sua forma è chiaramente circolare. A differenza della maggior parte dei forni del Piemonte e della Valle d’Aosta, costituiti dalla bocca del forno su cui si allunga una falda del tetto più o meno ampia, il forno del Pianetto è un manufatto chiuso sui quattro lati, in cui tutte le attività legate alla panificazione possono avvenire al riparo. Ha una porta d’ingresso sul lato nord ed una finestra rivolta ad est con le imposte in legno. L’interno è un locale unico abbastanza ampio, sulla sinistra vi si trova una grande madia in legno che serviva come “recipiente” ove impastare gli ingredienti per fare il pane e allo stesso tempo come piano di appoggio per la formazione delle pagnotte. Sul muro sovrastante la madia c’è il segno dell’esistenza di tre ripiani, uno dei quali è stato ricostruito durante i lavori di restauro del forno: su di esso sono appoggiati gli strumenti in legno utili per stendere l’impasto e per schiacciare le patate che venivano aggiunte ad esso. Sulla parete destra c’è un camino scavato nel muro che veniva acceso per riscaldare l’acqua da aggiungere all’impasto e per far cuocere le patate. Sulla parete di fronte alla porta d’ingresso, proprio al centro di essa, si trova il forno vero e proprio, lo sportello è in ferro e il muro attorno è di mattoni rossi refrattari così come la calotta interna del forno. Il piano d’appoggio interno del forno è in losa. La parte superiore della calotta interna è ricoperta di terra al fine di garantire il mantenimento della temperatura raggiunta dal forno acceso.

Il forno del Pianetto si presume sia stato costruito nell’Ottocento ed è stato in funzione fin verso il 1960. Sul muro esterno a fianco della porta si trova la data 1945 riportata ben due volte, con alcune iniziali dei frazionisti che in quell’anno ne intonacarono i muri esterni. Nel 1978-79 il forno venne inoltre completamente ristrutturato dai muratori del Pianetto: Castrale Battista, Castrale Beniamino e Castrale Sergio; in particolare vennero rifatti il tetto e la volta superiore interna che era pericolante. Negli anni successivi il forno venne un po’ dimenticato soprattutto perché il ruolo così importante che esso aveva rivestito nel passato era ormai superato.
Quando il forno era in attività, la panificazione avveniva normalmente due volte l’anno, in autunno e in primavera e l’accensione del forno durava almeno un mese per dare modo a tutte le famiglie di cuocere il loro pane. La prima famiglia designata all’apertura del forno raccoglieva della legna presso ogni abitante e, dopo aver acceso il fuoco, lasciava riscaldare il forno per alcuni giorni. Nel frattempo veniva preparato l’impasto con farina di segale (ricavata dalle coltivazioni sui terrazzamenti a monte di Pianetto) o bianca e il lievito. Di questo impasto si conservava di volta in volta un panino “l’alvà”, che serviva a tutti per impastare. Quando il forno aveva raggiunto la giusta temperatura, veniva liberato dalla brace con una speciale pala di ferro ricurva, ancora oggi appesa al soffitto del forno. Un po’ della brace veniva sistemata a lato in modo che continuasse ad emanare calore. Il resto del forno era pulito con “lou panas dou forn” e si iniziava ad infornare il pane. Lo sportello del forno doveva restare chiuso così come quello del tiraggio.
Generalmente ogni famiglia cuoceva una notevole quantità di pane, in modo che bastasse per molti mesi e la conservava nei solai all’asciutto. Le forme di pane più diffuse erano i “micoun dla crois”, pagnotte su cui veniva sempre intagliata una croce per far sì che durante la cottura non si rompessero irregolarmente.
Il periodo della panificazione era per tutta la borgata un momento di condivisione, di festa e di allegria. Gli anziani ricordano volentieri come ci si aiutasse a vicenda e si venisse incontro alle famiglie che non avevano farina a sufficienza per panificare e ricordano pure la gioia dei bambini della frazione che, ad ogni sfornata di pane, accorrevano attirati dal profumo che si diffondeva nell’aria e sottolineano la buona abitudine da parte di tutti di offrire ai piccoli disposti in fila indiana davanti alla porta, una fetta di quel gustoso e croccante pane ancora caldo oppure un fragrante “galat” (biscotto dalla forma di galletto) messo a cuocere con il pane.

Testo scritto da Claudia Giacomelli ascoltando i racconti degli anziani del Pianetto.
Ultima revisione luglio 2021